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mercoledì 17 marzo 2010

mercoledì della IV sett. di Quaresima

ogni giorno una proposta di riflessione per il Tempo di Quaresima

"Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore"


Pregare allora, non è semplicemente un dovere, ma una necessità esistenziale. La divina liturgia ci fa pregare così: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva, per Cristo nostro Signore» (Prefazio Comune IV).
(Messaggio per la Quaresima 2010 del Cardinale Crescenzio Sepe)



Dalle «Lettere» di san Massimo Confessore, abate
Nulla è tanto caro a Dio e tanto conforme al suo amore quanto la conversione degli uomini mediante un sincero pentimento dei peccati.
E proprio per ricondurre a sé gli uomini Dio fece cose straordinarie, anzi diede la massima prova della sua infinita bontà. Per questo il Verbo del Padre, con un atto di inesprimibile umiliazione e con un atto di incredibile condiscendenza si fece carne e si degnò di abitare tra noi. Fece, patì e disse tutto quello che era necessario a riconciliare noi, nemici e avversari di Dio Padre. Richiamò di nuovo alla vita noi che ne eravamo stati esclusi.
Il Verbo divino non solo guarì le nostre malattie con la potenza dei miracoli, ma prese anche su di sé l'infermità delle nostre passioni, pagò il nostro debito mediante il supplizio della croce, come se fosse colpevole, lui innocente.
Ci liberò da molti e terribili peccati. Inoltre con molti esempi ci stimolò ad essere simili a lui nella comprensione, nella cortesia e nell'amore perfetto verso i fratelli. Per questo disse: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Lc 5, 32). E ancora: «Non sono i santi che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mt 9, 12). Disse inoltre di essere venuto a cercare la pecorella smarrita e di essere stato mandato alle pecore perdute della casa di Israele.
Dio è quel padre affettuoso, che accoglie il figliol prodigo, si china su di lui, è sensibile al suo pentimento, lo abbraccia, lo riveste di nuovo con gli ornamenti della sua paterna gloria e non gli rimprovera nulla di quanto ha commesso. Richiama all'ovile la pecorella che si era allontanata dalle cento pecore di Dio. Dopo averla trovata che vagava sui colli e sui monti, non la riconduce all'ovile a forza di spintoni e urla minacciose, ma se la pone sulle spalle e la restituisce incolume al resto del gregge con tenerezza e amore. Dice: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi darò riposo (cfr. Mt 11, 28). E ancora: «Prendete il mio giogo sopra di voi» (Mt 11, 29). Il giogo sono i comandamenti o la vita vissuta secondo i precetti evangelici. Riguardo al peso poi, forse pesante e molesto al penitente, soggiunge: «Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 30). Insegnandoci la giustizia e la bontà di Dio, ci comanda: Siate santi, siate perfetti, siate misericordiosi come il Padre vostro celeste (cfr. Lc 6, 36); «Perdonate e vi sarà perdonato» (Lc 6, 37) e ancora: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7, 12).

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