III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)
LETTURE :
Es 17,3-7 Sal 94 Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore Rm 5,1-2.5-8
Gv 4,5-42 Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna. |
Omelie sul Vangelo
mons. Vincenzo Paglia
Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna
Il Vangelo ci presenta Gesù, stanco. Ma non tanto per il cammino fatto. La sua stanchezza nasceva dal continuo correre dietro di noi per difenderci dai pericoli ai quali andiamo incontro, per liberarci dai peccati nei quali cadiamo. Aveva anche fame, ma non di pane. I discepoli, dopo aver portato il cibo, gli dicono: "Rabbì, mangia". Egli però risponde: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete... Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato". I discepoli, come al solito, non capiscono. La fame di Gesù era portare a compimento l'opera del Padre. Gesù aveva sete, ma non tanto di acqua. Quando chiede a quella donna "Dammi da bere", Gesù ha sete di salvare quella donna; potremmo dire che ha sete del suo affetto, come del nostro. In genere fuggiamo da questa richiesta di amore e di compagnia così forte e radicale, perché senza dubbio l'amore del Signore è un amore esigente, e scegliamo i nostri piccoli amori, le nostre piccole rivincite. E opponiamo a lui la stessa resistenza che gli oppose quella donna samaritana: "Come mai tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?". In realtà quella richiesta di Gesù superava già un muro. Egli parlava con una donna, per di più samaritana. Un proverbio rabbinico insegnava: "Chi mangia pane dei samaritani è come uno che mangia carne di cane".
La donna è scossa dalla richiesta di Gesù, ma non comprende l'energia di amore che è nascosta dietro quelle parole: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: 'Dammi da bere!', tu stessa ne avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Dio amava quella donna quando era ancora lontana; ma lei non se n'era accorta. La sua vita, segnata dalle delusioni e dai tradimenti, forse non le dava più speranza alcuna. È la storia dei cinque mariti. Ormai non crede molto negli altri e non ha neppure tanta fiducia in sé. E come poteva aver fiducia di uno straniero? Come poteva capire che era Dio a parlarle in quel giudeo stanco e assetato e senza neppure uno strumento per prendere l'acqua? "Da dove hai dunque quest'acqua viva?" gli chiede rassegnata e scettica. Per lei abituata alla durezza della vita, la parola non conta più, non cambia, non dà vita. Quella donna è molto simile a noi. La sua vita è piena di tradimenti e problemi. È diventata una donna dura, costretta a difendersi ed a rispondere in maniera aggressiva ("Come mai tu chiedi da bere a me?"). Aggressiva per non ammettere le delusioni ed il fallimento. Lo fa con tutti; anche con quell'estraneo che le parla con semplicità ed in maniera diretta. È una poveretta, con una vita complicata, che deve percorrere un lungo itinerario per andare a prendere l'acqua. È una donna forte della sua esperienza, che pensa di conoscere già la vita. I suoi giudizi sono rapidi.
Che può fare quell'uomo senza mezzi, debole e che non ha come prendere l'acqua? Lei non crede più a niente, solo alla sua brocca, alla sua fatica, a quello che vede e tocca con le sue mani. Il Vangelo è un sogno fuori dalla realtà! Per lei scettica, materialista, abituata alla durezza della vita, le parole non contano più. Ma è anche furba. Quando Gesù parla di un'acqua diversa, per cui non avrebbe più avuto sete e non sarebbe stato più necessario camminare fino al pozzo, cerca subito la sua convenienza. Vuole prendersi qualcosa del Vangelo senza cambiare nulla. Desidera impadronirsi di una convenienza, ma restare quella di sempre. L'incontro con Gesù è personale. Tocca il cuore. Gesù l'aiuta ad essere se stessa. "Non ho marito", dice. Non racconta tutto di sé. Gesù non la aggredisce, non la umilia in una descrizione imbarazzante della sua storia di tanti amori cercati e traditi. È lui che le spiega, con sensibilità, tutta la sua vita. La verità è Gesù. Proprio questo colpisce la donna: essere capita, conosciuta così com'è ed essere amata! Non è una legge o un giudizio che cambia i cuori, ma il lungo ed insistente incontro con quell'uomo che parla con libertà ed amore. Lasciamoci dire da lui tutto quello che abbiamo fatto! Diventeremo una fonte, nell'aridità della vita. Parleremo a tanti, con la meraviglia della donna samaritana, di qualcuno che ci ha parlato con amore!
La Chiesa, diceva papa Giovanni, è come la fontana in un villaggio: è per tutti, e tutti possono avvicinarsi per prendere l'acqua dell'amore e della consolazione. Sia così anche per i nostri cuori, possessivi e peccatori, ma conosciuti, amati e perdonati dal Signore, uomo assetato che cammina e chiede amore. Il Signore c'insegni ad essere fonte d'amore, servendo chi ha sete.
La donna è scossa dalla richiesta di Gesù, ma non comprende l'energia di amore che è nascosta dietro quelle parole: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: 'Dammi da bere!', tu stessa ne avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Dio amava quella donna quando era ancora lontana; ma lei non se n'era accorta. La sua vita, segnata dalle delusioni e dai tradimenti, forse non le dava più speranza alcuna. È la storia dei cinque mariti. Ormai non crede molto negli altri e non ha neppure tanta fiducia in sé. E come poteva aver fiducia di uno straniero? Come poteva capire che era Dio a parlarle in quel giudeo stanco e assetato e senza neppure uno strumento per prendere l'acqua? "Da dove hai dunque quest'acqua viva?" gli chiede rassegnata e scettica. Per lei abituata alla durezza della vita, la parola non conta più, non cambia, non dà vita. Quella donna è molto simile a noi. La sua vita è piena di tradimenti e problemi. È diventata una donna dura, costretta a difendersi ed a rispondere in maniera aggressiva ("Come mai tu chiedi da bere a me?"). Aggressiva per non ammettere le delusioni ed il fallimento. Lo fa con tutti; anche con quell'estraneo che le parla con semplicità ed in maniera diretta. È una poveretta, con una vita complicata, che deve percorrere un lungo itinerario per andare a prendere l'acqua. È una donna forte della sua esperienza, che pensa di conoscere già la vita. I suoi giudizi sono rapidi.
Che può fare quell'uomo senza mezzi, debole e che non ha come prendere l'acqua? Lei non crede più a niente, solo alla sua brocca, alla sua fatica, a quello che vede e tocca con le sue mani. Il Vangelo è un sogno fuori dalla realtà! Per lei scettica, materialista, abituata alla durezza della vita, le parole non contano più. Ma è anche furba. Quando Gesù parla di un'acqua diversa, per cui non avrebbe più avuto sete e non sarebbe stato più necessario camminare fino al pozzo, cerca subito la sua convenienza. Vuole prendersi qualcosa del Vangelo senza cambiare nulla. Desidera impadronirsi di una convenienza, ma restare quella di sempre. L'incontro con Gesù è personale. Tocca il cuore. Gesù l'aiuta ad essere se stessa. "Non ho marito", dice. Non racconta tutto di sé. Gesù non la aggredisce, non la umilia in una descrizione imbarazzante della sua storia di tanti amori cercati e traditi. È lui che le spiega, con sensibilità, tutta la sua vita. La verità è Gesù. Proprio questo colpisce la donna: essere capita, conosciuta così com'è ed essere amata! Non è una legge o un giudizio che cambia i cuori, ma il lungo ed insistente incontro con quell'uomo che parla con libertà ed amore. Lasciamoci dire da lui tutto quello che abbiamo fatto! Diventeremo una fonte, nell'aridità della vita. Parleremo a tanti, con la meraviglia della donna samaritana, di qualcuno che ci ha parlato con amore!
La Chiesa, diceva papa Giovanni, è come la fontana in un villaggio: è per tutti, e tutti possono avvicinarsi per prendere l'acqua dell'amore e della consolazione. Sia così anche per i nostri cuori, possessivi e peccatori, ma conosciuti, amati e perdonati dal Signore, uomo assetato che cammina e chiede amore. Il Signore c'insegni ad essere fonte d'amore, servendo chi ha sete.
don Bruno Maggioni
Quando Dio spiazza le nostre attese
Il cammino che la donna di Samaria percorre non è senza resistenze. L'evangelista Giovanni sa molto bene che la ricerca di Dio da parte dell'uomo corre sempre il pericolo di rinchiudersi in se stessa, è sempre minacciata, e di queste resistenze mette lucidamente a nudo le radici. L'evangelista sfrutta molto – qui e altrove – il motivo dell'incomprensione. Vuole evidenziare che l'uomo, abbandonato a se stesso, non è capace di capire la parola di Dio, né di raggiungerla, né di interpretare correttamente le proprie attese. La donna intuisce qualcosa del dono di cui Cristo parla (l'acqua), ma lo interpreta sul metro delle proprie preoccupazioni: «Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (4,15). La tentazione di chi cerca Dio è sempre di rinchiudere il dono di Dio dentro la propria attesa. Ma Dio non si lascia rinchiudere nelle attese dell'uomo: le dilata. La donna cerca di situare Gesù nelle categorie religiose tradizionali, ma Gesù non esita a mostrare la loro inadeguatezza. Per due volte – a proposito del dono dell'acqua e del luogo del culto – la donna evoca la grandezza dei patriarchi (4,12.20), evoca il passato: la sua ricerca è chiusa nel passato. Gesù la costringe a guardare al futuro e a prendere coscienza che nel mondo è arrivata la novità e che questa rinnova il problema dalle fondamenta.
Infine, con la sua ultima affermazione (4,25) la donna mostra di restare ancora in attesa di un futuro, chiusa dentro l'attesa messianica tradizionale: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Gesù attira l'attenzione su di sé, sul presente: «Sono io, che ti parlo» (4,26). La donna deve accorgersi – e solo così la sua ricerca giunge al termine – che il futuro da lei sperato ha già avuto inizio.
Ci restano ancora due piccole annotazioni. La prima è che la donna, giunta al punto in cui Gesù intendeva condurla, lascia le sue precedenti preoccupazioni e corre in città (4,28). Il suo incontro con Cristo si fa corale e missionario. La seconda è che i samaritani giungono alla fede stimolati dalla testimonianza della donna, ma poi abbandonano questa testimonianza per far posto all'esperienza personale: «Dicevano alla donna: non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (4,43). Questo cammino/ricerca della donna di Samaria è, ovviamente, un'immagine del cammino di ogni uomo verso Dio.
Infine, con la sua ultima affermazione (4,25) la donna mostra di restare ancora in attesa di un futuro, chiusa dentro l'attesa messianica tradizionale: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Gesù attira l'attenzione su di sé, sul presente: «Sono io, che ti parlo» (4,26). La donna deve accorgersi – e solo così la sua ricerca giunge al termine – che il futuro da lei sperato ha già avuto inizio.
Ci restano ancora due piccole annotazioni. La prima è che la donna, giunta al punto in cui Gesù intendeva condurla, lascia le sue precedenti preoccupazioni e corre in città (4,28). Il suo incontro con Cristo si fa corale e missionario. La seconda è che i samaritani giungono alla fede stimolati dalla testimonianza della donna, ma poi abbandonano questa testimonianza per far posto all'esperienza personale: «Dicevano alla donna: non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (4,43). Questo cammino/ricerca della donna di Samaria è, ovviamente, un'immagine del cammino di ogni uomo verso Dio.
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