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sabato 26 marzo 2011

III DOMENICA di Quaresima 27 marzo


III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)
LETTURE : 
Es 17,3-7   Sal 94 Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore  Rm 5,1-2.5-8

Gv 4,5-42  Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.


Omelie sul Vangelo 


mons. Vincenzo Paglia  

Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna

Il Vangelo ci presenta Gesù, stanco. Ma non tanto per il cammino fatto. La sua stanchezza nasceva dal continuo correre dietro di noi per difenderci dai pericoli ai quali andiamo incontro, per liberarci dai peccati nei quali cadiamo. Aveva anche fame, ma non di pane. I discepoli, dopo aver portato il cibo, gli dicono: "Rabbì, mangia". Egli però risponde: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete... Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato". I discepoli, come al solito, non capiscono. La fame di Gesù era portare a compimento l'opera del Padre. Gesù aveva sete, ma non tanto di acqua. Quando chiede a quella donna "Dammi da bere", Gesù ha sete di salvare quella donna; potremmo dire che ha sete del suo affetto, come del nostro. In genere fuggiamo da questa richiesta di amore e di compagnia così forte e radicale, perché senza dubbio l'amore del Signore è un amore esigente, e scegliamo i nostri piccoli amori, le nostre piccole rivincite. E opponiamo a lui la stessa resistenza che gli oppose quella donna samaritana: "Come mai tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?". In realtà quella richiesta di Gesù superava già un muro. Egli parlava con una donna, per di più samaritana. Un proverbio rabbinico insegnava: "Chi mangia pane dei samaritani è come uno che mangia carne di cane".
La donna è scossa dalla richiesta di Gesù, ma non comprende l'energia di amore che è nascosta dietro quelle parole: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: 'Dammi da bere!', tu stessa ne avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Dio amava quella donna quando era ancora lontana; ma lei non se n'era accorta. La sua vita, segnata dalle delusioni e dai tradimenti, forse non le dava più speranza alcuna. È la storia dei cinque mariti. Ormai non crede molto negli altri e non ha neppure tanta fiducia in sé. E come poteva aver fiducia di uno straniero? Come poteva capire che era Dio a parlarle in quel giudeo stanco e assetato e senza neppure uno strumento per prendere l'acqua? "Da dove hai dunque quest'acqua viva?" gli chiede rassegnata e scettica. Per lei abituata alla durezza della vita, la parola non conta più, non cambia, non dà vita. Quella donna è molto simile a noi. La sua vita è piena di tradimenti e problemi. È diventata una donna dura, costretta a difendersi ed a rispondere in maniera aggressiva ("Come mai tu chiedi da bere a me?"). Aggressiva per non ammettere le delusioni ed il fallimento. Lo fa con tutti; anche con quell'estraneo che le parla con semplicità ed in maniera diretta. È una poveretta, con una vita complicata, che deve percorrere un lungo itinerario per andare a prendere l'acqua. È una donna forte della sua esperienza, che pensa di conoscere già la vita. I suoi giudizi sono rapidi.
Che può fare quell'uomo senza mezzi, debole e che non ha come prendere l'acqua? Lei non crede più a niente, solo alla sua brocca, alla sua fatica, a quello che vede e tocca con le sue mani. Il Vangelo è un sogno fuori dalla realtà! Per lei scettica, materialista, abituata alla durezza della vita, le parole non contano più. Ma è anche furba. Quando Gesù parla di un'acqua diversa, per cui non avrebbe più avuto sete e non sarebbe stato più necessario camminare fino al pozzo, cerca subito la sua convenienza. Vuole prendersi qualcosa del Vangelo senza cambiare nulla. Desidera impadronirsi di una convenienza, ma restare quella di sempre. L'incontro con Gesù è personale. Tocca il cuore. Gesù l'aiuta ad essere se stessa. "Non ho marito", dice. Non racconta tutto di sé. Gesù non la aggredisce, non la umilia in una descrizione imbarazzante della sua storia di tanti amori cercati e traditi. È lui che le spiega, con sensibilità, tutta la sua vita. La verità è Gesù. Proprio questo colpisce la donna: essere capita, conosciuta così com'è ed essere amata! Non è una legge o un giudizio che cambia i cuori, ma il lungo ed insistente incontro con quell'uomo che parla con libertà ed amore. Lasciamoci dire da lui tutto quello che abbiamo fatto! Diventeremo una fonte, nell'aridità della vita. Parleremo a tanti, con la meraviglia della donna samaritana, di qualcuno che ci ha parlato con amore!
La Chiesa, diceva papa Giovanni, è come la fontana in un villaggio: è per tutti, e tutti possono avvicinarsi per prendere l'acqua dell'amore e della consolazione. Sia così anche per i nostri cuori, possessivi e peccatori, ma conosciuti, amati e perdonati dal Signore, uomo assetato che cammina e chiede amore. Il Signore c'insegni ad essere fonte d'amore, servendo chi ha sete. 


don Bruno Maggioni  

Quando Dio spiazza le nostre attese

Il cammino che la donna di Samaria percorre non è senza resistenze. L'evangelista Giovanni sa molto bene che la ricerca di Dio da parte dell'uomo corre sempre il pericolo di rinchiudersi in se stessa, è sempre minacciata, e di queste resistenze mette lucidamente a nudo le radici. L'evangelista sfrutta molto – qui e altrove – il motivo dell'incomprensione. Vuole evidenziare che l'uomo, abbandonato a se stesso, non è capace di capire la parola di Dio, né di raggiungerla, né di interpretare correttamente le proprie attese. La donna intuisce qualcosa del dono di cui Cristo parla (l'acqua), ma lo interpreta sul metro delle proprie preoccupazioni: «Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (4,15). La tentazione di chi cerca Dio è sempre di rinchiudere il dono di Dio dentro la propria attesa. Ma Dio non si lascia rinchiudere nelle attese dell'uomo: le dilata. La donna cerca di situare Gesù nelle categorie religiose tradizionali, ma Gesù non esita a mostrare la loro inadeguatezza. Per due volte – a proposito del dono dell'acqua e del luogo del culto – la donna evoca la grandezza dei patriarchi (4,12.20), evoca il passato: la sua ricerca è chiusa nel passato. Gesù la costringe a guardare al futuro e a prendere coscienza che nel mondo è arrivata la novità e che questa rinnova il problema dalle fondamenta.
Infine, con la sua ultima affermazione (4,25) la donna mostra di restare ancora in attesa di un futuro, chiusa dentro l'attesa messianica tradizionale: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Gesù attira l'attenzione su di sé, sul presente: «Sono io, che ti parlo» (4,26). La donna deve accorgersi – e solo così la sua ricerca giunge al termine – che il futuro da lei sperato ha già avuto inizio.
Ci restano ancora due piccole annotazioni. La prima è che la donna, giunta al punto in cui Gesù intendeva condurla, lascia le sue precedenti preoccupazioni e corre in città (4,28). Il suo incontro con Cristo si fa corale e missionario. La seconda è che i samaritani giungono alla fede stimolati dalla testimonianza della donna, ma poi abbandonano questa testimonianza per far posto all'esperienza personale: «Dicevano alla donna: non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (4,43). Questo cammino/ricerca della donna di Samaria è, ovviamente, un'immagine del cammino di ogni uomo verso Dio.

lunedì 21 marzo 2011

II DOMENICA di Quaresima 20 marzo 2011

II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)
LETTURE : 
Gen 12,1-4   Sal 32  Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo   2Tm 1,8b-10
Mt 17,1-9: Il suo volto brillò come il sole.  


Omelie sul Vangelo 

di Paolo Curtaz

Ogni seconda domenica di quaresima siamo invitati a salire sul Monte Tabor, per fare esperienza della straordinaria bellezza di Dio. L'obiettivo della quaresima è la vivificazione, non la mortificazione, è avere un cuore gioioso e libero di amare.<7i>


Lungo come un Quaresima. Nella simpatica e luminosa coscienza cristiana del passato, questa frase sintetizza bene l'atteggiamento di insofferenza verso questo tempo liturgico che ci appare come un'imposizione di (inutili) sacrifici e desueti fioretti per mortificare il corpo. Al contrario, la Quaresima autentica non mortifica, vivifica, sapendo bene che la vita interiore è lotta radicale contro l'aspetto tenebroso della nostra coscienza e che non basta rinunciare ai dolci per convertire il cuore. Ben più radicale è l'atteggiamento che il Maestro oggi ci chiede, non subire una serie di privazioni che ci siamo imposti, ma scegliere di scegliere, spalancare il cuore all'amore di Dio, salire sul Tabor, lasciare che la nostra anima, infine, ci raggiunga. È un vangelo poco "mortificato" e penitenziale quello che ogni anno la liturgia (saggiamente) ci propone, quasi a soffocare sul nascere la triste consuetudine cattolica di essere tristi, specialmente quando si parla di Dio. Sbagliato: quando si parte nel deserto il cuore è allegro, perché alla fine saremo liberati da Faraone e dal suo esercito. Quando si sale sulla montagna, malgrado la fatica, ciò che ci spinge a salire è la gioia che proveremo nello spaziare con lo sguardo oltre le cime. Pietro e gli altri sono esterrefatti da quanto accade: Gesù maestro, profeta affascinante, si rivela per quello che è; ed è un'esperienza travolgente, di bellezza sconfinata. Quanto dobbiamo recuperare questa dimensione della bellezza nella nostra vita cristiana!


di padre Raniero Cantalamessa  

Per amare Gesù bisogna conoscerlo

Perché la fede, le pratiche religiose sono in declino e non sembrano costituire, almeno per i più, il punto di forza nella vita? Perché la noia, la stanchezza, la fatica nell'assolvere i propri doveri di credenti? Perché i giovani non si sentono attirati? Perché, insomma, questo grigiore e questa mancanza di gioia tra i credenti in Cristo? L'episodio della trasfigurazione ci aiuta a dare una risposta a queste domande.

Cosa significò la trasfigurazione per i tre discepoli che assistettero ad essa? Finora essi avevano conosciuto Gesù nella sua apparenza esterna, un uomo non diverso dagli altri, di cui conoscevano la provenienza, le abitudini, il timbro di voce... Ora conoscono un altro Gesù, il vero Gesù, quello che non si riesce a vedere con gli occhi di tutti i giorni, alla luce normale del sole, ma è frutto di una rivelazione improvvisa, di un cambiamento, di un dono.

Perché le cose cambino anche per noi, come per quei tre discepoli sul Tabor, bisogna che succeda nella nostra vita qualcosa di simile a quello che capita a un giovane o a una ragazza quando si innamorano. Nell'innamoramento l'altro, l'amato, che prima era uno dei tanti, o forse uno sconosciuto, di colpo diventa l'unico, il solo al mondo che interessi. Tutto il resto indietreggia e si colloca come su uno sfondo neutro. Non si è capaci di pensare ad altro. Avviene una vera e propria trasfigurazione. La persona amata viene vista come in un alone luminoso. Tutto appare bello in lei, perfino i difetti. Se mai, ci si sente indegni di lei. L'amore vero genera umiltà. Qualcosa cambia anche concretamente nelle proprie abitudini di vita. Ho conosciuto ragazzi che al mattino i genitori non riuscivano a tirare fuori dal letto per far andare a scuola; se si trovava loro un lavoro, dopo un po' lo abbandonavano; oppure si trascinavano negli studi senza laurearsi mai... Poi, ecco che, una volta innamoratisi di qualcuno e diventati fidanzati, al mattino saltano dal letto, sono impazienti di terminare gli studi, se hanno un lavoro se lo tengono caro. Cosa è successo? Niente, semplicemente quello che prima facevano per costrizione, ora lo fanno per attrazione. E l'attrazione è capace di far fare cose che nessuna costrizione riesce a far fare; mette le ali ai piedi. "Ognuno, diceva il poeta Ovidio, è attratto dall'oggetto del proprio piacere".

Qualcosa del genere, dicevo, dovrebbe succedere una volta nella vita per diventare cristiani veri, convinti, gioiosi di esserlo. "Ma la ragazza o il ragazzo, si vede, si tocca!" Rispondo: Anche Gesù si vede e si tocca, però con altri occhi e con altre mani: quelli del cuore, della fede. Egli è risorto ed è vivo. È un essere concreto, non un'astrazione, per chi ne fa l'esperienza e la conoscenza. Anzi con Gesù le cose vanno ancora meglio. Nell'innamoramento umano, ci si inganna, attribuendo all'amato doti che forse non ha e con il tempo si è spesso costretti a ricredersi. Nel caso di Gesù, più si conosce e si sta insieme, più si scoprono nuovi motivi per essere innamorati di lui e confermati nella propria scelta.

Questo non vuol dire che bisogna starsene tranquilli ad aspettare, anche con Cristo il classico "colpo di fulmine". Se un ragazzo, o una ragazza, se ne sta tutto il tempo chiuso in casa, senza vedere nessuno, non succederà mai niente nella sua vita. Per innamorarsi bisogna frequentarsi! Se uno è convinto, o semplicemente comincia a pensare che è bello e vale la pena conoscere Gesù Cristo in questo modo diverso, trasfigurato, allora bisogna che cominci a "frequentarlo", a leggere i suoi scritti. Le sue lettere d'amore sono il Vangelo! È lì che egli si rivela, si "trasfigura". La sua casa è la Chiesa: è lì che lo si incontra.

lunedì 14 marzo 2011

I Domenica di Quaresima 13 marzo 2011

I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)
LETTURE : 
Gen 2,7-9; 3, 1-7   Sal 50  Perdonaci, Signore, abbiamo peccato   Rm 5,12-19
Mt 4,1-11: Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato 

Omelia sul Vangelo
di don Marco Pozza

 Il Bastardo è rimasto in mutande

Poteva esordire con un miracolo e sarebbe risultato più simpatico e appetibile. Un Cristo prestigiatore per levarsi la fame, un Cristo funabolo per sedurre la folla, un Cristo acrobata per svegliare il pronto intervento degli Angeli. Alla fine, però, ce ne rimette lui, Satana il Bastardo: uno psicologo goffo, un dilettante di teologia, un uomo vittima di un mestiere che si è logorato nei secoli. Eppure ci crede davvero, ci crede forse più di noi, lo cerca infinitamente più del popolo che millenni dopo griderà Signore, Signore. Peccato per quell'inesperienza dovuta all'imbattersi in Colui che gli sta di fronte: come può Satana dare ciò che non possiede? Qualcuno ancora s'azzarda ad attribuire a Satana la proprietà della materia: cattedrali, giardini, vallate e mura antichissime. Nulla di più sbagliato sotto il cielo della catechesi: di Satana è la bava che si lascia sulle cattedrali (e sulla loro datata chincaglieria), sulle ville e sui poderi altrui. Lui non è mai stato proprietario di nulla quaggiù ma semplicemente l'usurpatore primo di ciò che avrebbe voluto essere suo. "Va via, Satana" gli impone lo Sfidante: probabilmente glielo dice con dolcezza, con mansuetudine, con netta fermezza. Forse con un sogno: che a nessun uomo - sulla scia del Bastardo - passi per la mente di ritentarlo con le medesime astrusità. Satana ha scelto l'Avversario sbagliato: non sempre al massimo dell'intelligenza corrisponde il massimo dell'intuizione. Lo pensava un fringuello nelle sue mani, un giovane pacioccone e azzurrognolo nello sguardo, un sognatore inesperto alle prime armi. Non aveva capito che quell'Uomo accettava la sua sfida per trarne un insegnamento da diffondere nei secoli a venire, per sfidare Lui stesso l'arroganza del suo Contrario. Al fascino del miracolo, scelse l'asprezza della tentazione come lectio magistralis sul pulpito della storia: per spartire con la sua discendenza la dura legge di chi nasce uomo. Senza illudere.

E sul pinnacolo del Tempio l'Uomo-Dio riscatta quella stupidaggine firmata dal Diavolo nel Giardino dell'Eden. Perfido Satana (e tutti i suoi imitatori). Lui lo sa che non è vero, eppure ci prova lo stesso: "E' vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?" (Gen 2,17). In realtà all'inizio non c'era una proibizione, ma una possibilità molto ampia: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino" (Gen 2,16). Solo dopo si stabilisce un limite. Eppure è su questo che Satana ci gozzoviglia: lui diffonde la caricatura di un Dio che castra, di un Dio sadico, di un Dio che dice "guarda che meraviglia" e poi te la nega spudoratamente. Di un Dio che accende il desiderio di Adamo e poi glielo spegne sul nascere. Questo è il Dio di Satana e di una fetta di Chiesa. In realtà in principio era la gioia e il godimento per i suoi Figli: solo dopo vennero delle "barriere protettive" per non insozzare tale gioia. Per l'uomo la restrizione è una castrazione, per Dio è una salvaguardia della vera Gioia. Satana costringe Adamo a fermarsi su quella strettoia, gli violenta lo sguardo, gli occulta la visuale: Satana è un Bastardo perché la sua proposta di trasgressione è in vista di una diminuzione dell'uomo. Usa il sospetto e molti dopo di lui lo impugneranno come arma mortale: perché il sospetto non fa morire subito ma logora, infastidisce, lacera e sfinisce la mente, l'anima, i pensieri. Di sospetto si impazzisce all'inverosimile: si sfaldano legami, marciscono esistenze, s'impolverano ideali. E Satana - un capace senza il carisma di Dio - ringrazia e rilancia l'avventura. Infiacchendo l'uomo ch'era il sogno della Creazione stessa. E invitandolo al carnevale organizzato nell'Inferno.

"Ed è mai scappato di casa quando aveva otto anni?" gli chiese, levando lo sguardo e deglutendo forte. Dentro aveva una cosa a cui non voleva pensare, una cosa che lo avrebbe solo intristito. Aveva cercato di evitare quel pensiero da quando si era svegliato, al mattino, ma purtroppo lui aveva la cattiva abitudine di riformarsi tra le dita dei suoi piedi, risalire lungo le caviglie e su per le gambe fino alla schiena, e arrivare diritto al cervello, da dove spediva agli occhi immagini che Noah non aveva alcuna voglia di vedere.

(John Boyne, Il bambino con il cuore di legno, Rizzoli, Milano 2010, 82)

Cristo heri, hodie et semper. Ma anche Satana heri, hodie et semper. Così nessuno potrà dire ch'eravamo condannati ad una scelta già fatta.

mercoledì 9 marzo 2011

mercoledì delle ceneri

Omelia dall'Eremo di San Biagio 

dalla Parola del giorno
Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore.

Come vivere questa Parola?
Le ceneri aprono il sacro tempo della QUARESIMA, questa primavera dello spirito che invita a rompere la corteccia del cuore che i rigori invernali dell'egoismo, sempre insorgente, possono aver indurito. Una difesa istintiva che siamo tentati di erigere di fronte alle prove, ma che blocca la gioia della fioritura e la ricca stagione dei frutti, per cui siamo creati.
L'invito è a lacerare il CUORE. Un termine che richiama la sofferenza dello strappo da cui ci verrebbe da rifuggire. Ma a leggerlo in profondità, accostandolo ad altri passi biblici, vi troviamo non un invito alla morte ma alla vita, alla PIENEZZA DELLA VITA. Già l'immagine della corteccia che si spacca per lasciare alla gemma la possibilità di esplodere parla di vita, più ancora quella, introdotta da Gesù, del grembo materno che si apre per dare origine a una nuova esistenza.
Ecco, cos'è la Quaresima: il tempo veramente propizio per scavare in profondità, rimuovere quanto rischia di soffocare la parte più autentica di noi stessi, quella che attinge direttamente alla SORGENTE a Dio. E il tutto per un di più di vita!
Non c'è spazio per una religiosità superficiale, per atti puramente esteriori. Il gesto di "lacerarsi le vesti", tradotto oggi con il rito penitenziale delle ceneri, ha senso solo se è espressione di un cuore che intende schiudersi all'azione della GRAZIA e riprendere slancio verso Dio.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi metterò a nudo dinanzi a Dio chiedendo umilmente che mi faccia riconoscere eventuali incrostazioni del mio cuore e mi aiuti a rimuoverle.

Aiutami, Signore, a lacerare il cuore e non le vesti, senza timore di mettere a nudo la mia vulnerabilità. Solo così potrò offrire a te e ai fratelli un cuore capace di palpiti di amore autentico.

La voce di un dottore della Chiesa
Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia.
San Pietro Crisologo